Parliamo un po' di autofatturazione e di sanzioni in caso di inottemperanza. Nella prima parte del post però, facciamo prima un ripasso a volo d'uccello sulla questione (repetita iuvant!).
L'art. 17 del d.p.r. 633/72 (c.d. decreto I.V.A.) rubricato “Soggetti passivi” dice al primo comma che: «L'imposta è dovuta dai soggetti che effettuano le cessioni di beni e le prestazioni di servizi imponibili, i quali devono versarla all'erario, cumulativamente per tutte le operazioni effettuate e al netto della detrazione prevista nell'art. 19, nei modi e nei termini stabiliti nel titolo secondo».
È chiaro no? Se io ti vendo una bottiglietta d'acqua a 1,2 euro allora 1 euro me lo metto in tasca e 20 centesimi li verso all'erario. E nella fattura, tu che hai acquistato, leggerai l'indicazione dell'imponibile, 1 euro, e della relativa Iva, 20 centesimi. Poi se tu hai la partita Iva, scaricherai i tuoi 20 centesimi di imposta (se il costo è inerente, ma lasciamo stare per ora!). Anche la norma comunitaria di riferimento, la cosiddetta Direttiva di rifusione n. 2006/112/CEE all'art. 193 dice, in principio, la stessa identica cosa. Tuttavia il secondo comma dello stesso art. 17 citato all'inizio recita: «Gli obblighi relativi alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi effettuate nel territorio dello Stato da soggetti non residenti nei confronti di soggetti passivi stabiliti nel territorio dello Stato, compresi i soggetti indicati all'art. 7ter, comma 2, lettere b) e c) [enti e associazioni, n.d.a.], sono adempiuti dai cessionari o committenti». Ma attenzione, perché anche la norma comunitaria, agli artt. Da 194 a 199 e 202 dice, sempre in principio, una cosa simile. Per spiegare in maniera semplicistica il concetto enunciato dal comma 2, dell'art. 17 diciamo che come prima io ti vendo una bottiglietta d'acqua, stavolta a 1 euro. Sulla fattura tu leggerai solo il prezzo di 1 euro. Sarai tu a dover integrare la fattura indicandovi l'Iva. A quel punto, registrerai la fattura sia nel registro acquisti, sia nel registro vendite e il gioco è fatto. Tu acquirente, hai assolto l'imposta! Strano? Un po'...è il meccanismo dell'autofatturazione associato all'istituto dell'inversione contabile, meglio conosciuto come reverse-charge.
Facciamola breve! Se un giornalista francese vende il suo articolo ad un quotidiano italiano avremo che:
- il giornalista francese non applicherà l'Iva in fattura;
- il quotidiano italiano integrerà la fattura indicandovi l'Iva e la registrerà due volte nei suoi registri per assolvere l'imposta (e dovrà compilare l'Intrastat per comunicare tale operazione!)
Ma perché tutto questo? Questione di rimborsi sostanzialmente. Se non si facesse così, allora il quotidiano italiano sarebbe costretto a chiedere a rimborso al Fisco francese l'Iva pagata per acquistare l'articolo dal giornalista d'oltralpe. E aspetta e spera che il rimborso arrivi il più presto possibile.
Dopo questa nota esplicativa doverosa (che costituisce comunque un buon momento di ripasso per l'autore) veniamo al titolo del post. Infatti accanto al sistema dell'autofattura previsto dal secondo comma dell'art. 17 esiste anche un reverse-charge cosiddetto interno, che si applica, cioè, anche quando attori dello scambio di beni e servizi sono due soggetti italiani, proprio come nell'esempio della bottiglietta d'acqua. Le operazioni che possono essere oggetto di inversione contabile ai sensi dell'art. 19 Direttiva 2006/112/CEE sono:
- prestazioni di servizi di costruzione, inclusi i servizi di riparazione, pulizia, manutenzione, modifica e demolizione relative a beni immobili;
- messa a disposizione di personale da impiegare nelle attività di cui al punto 1;
- alcune cessioni di immobili;
- cessioni di materiali di recupero, di avanzi, di scarti industriali ecc.;
- cessioni di beni dati in garanzia in esecuzione della garanzia stessa;
- cessioni di beni dovute all'esercizio del diritto di riserva di proprietà;
- cessioni di beni immobili in una vendita giudiziale.
Inoltre, l'art. 17 della norma interna ci parla anche di altro, come ad esempio le cessioni di alcuni metalli preziosi.
Voi vi chiederete? Cosa ci dice di nuovo questo post? Vi dice che nei casi di reverse-charge interno il committente l'autofattura la deve fare davvero. Non è un risultato banale, ve lo assicuro. Molti studi professionali “si dimenticano” di consigliare adeguatamente il cliente-committente del lavoro in subappalto che in genere registra la fattura del prestatore solo ed esclusivamente nel registro degli acquisti. SBAGLIATO! Altre volte i committenti si vedono arrivare le fatture del prestatore con l'applicazione dell'Iva e le prendono per buone così come sono. SBAGLIATO! Il povero cliente-committente, ma anche il povero prestatore (che in genere è davvero più povero del committente!) nonostante abbiano deciso di beneficiare dei servigi offerti dal mega-studiazzo-commerciale-megagalattico si troveranno a dover pagare qualcosina in caso di controlli. Tranquillizzo subito gli inadempienti: la finanziaria 2008 ha modificato l'art. 6 del d.lgs. 471/1997 mitigando l'impianto sanzionatorio rispetto all'errata o omessa autofatturazione. In sintesi, nonché per concludere, avremo che:
- al committente cui arriva la fattura con reverse-charge che non assolve l'imposta a seguito di errata applicazione del meccanismo dell'inversione contabile (quindi mancata integrazione e doppia registrazione), si applica la sanzione amministrativa compresa fra il 100% e il 200% dell'imposta non pagata, con un minimo di euro 258;
- al prestatore che erroneamente ha addebitato l'Iva in fattura e poi non l'ha versata all'Erario si applica la stessa sanzione di cui al punto A;
- se comunque l'imposta è stata assolta, non importa da quale attore, la sanzione amministrativa applicabile è pari al 3% dell'imposta irregolarmente assolta;
- infine, al pagamento delle sanzioni di cui sopra, dice la legge, sono tenuti solidalmente il committente e il prestatore poiché entrambi obbligati all'applicazione corretta del meccanismo dell'inversione contabile.
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