Il
Titolo II, Capo II del decreto legge 30 agosto 1993, n. 331,
convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, numero 427
reca la disciplina dell'imposta sul valore aggiunto rispetto agli scambi di beni e servizi che avvengono tra operatori residenti in diversi Stati Membri dell'UE. La normativa europea confluita nel decreto legge citato
poc'anzi prevede il pagamento dell'imposta sul valore aggiunto nel
paese di destinazione attraverso il sistema del reverse-charge
ovvero dell'inversione contabile che si sostanzia come segue: i) chi
emette la fattura non addebita l'Iva; ii) chi riceve la fattura
integra la fattura aggiungendoci di suo pugno l'Iva calcolata con
l'aliquota nazionale e la registra in entrambi i registri Iva
cosicché l'imposta si annulla. Fino a pochi mesi fa tutti i
contribuenti italiani potevano liberamente beneficiare di questo
meccanismo di applicazione dell'Iva. Dalla seconda metà del 2010
invece la possibilità di assolvere l'Iva con il reverse-charge
è subordinata alla previa inclusione nel VIES VAT
Information Exchange System, un
sistema di scambi automatici di informazioni tra le autorità fiscali
dell'Unione Europea che ha lo scopo di monitorare i soggetti passivi
che pongono in essere operazioni intracomunitarie.
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lunedì 17 ottobre 2011
domenica 17 aprile 2011
Reverse-charge interno e sanzioni per mancata applicazione
Parliamo un po' di autofatturazione e di sanzioni in caso di inottemperanza. Nella prima parte del post però, facciamo prima un ripasso a volo d'uccello sulla questione (repetita iuvant!).
L'art. 17 del d.p.r. 633/72 (c.d. decreto I.V.A.) rubricato “Soggetti passivi” dice al primo comma che: «L'imposta è dovuta dai soggetti che effettuano le cessioni di beni e le prestazioni di servizi imponibili, i quali devono versarla all'erario, cumulativamente per tutte le operazioni effettuate e al netto della detrazione prevista nell'art. 19, nei modi e nei termini stabiliti nel titolo secondo».
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