lunedì 17 ottobre 2011

Scambi intracomunitari e sistema VIES


Il Titolo II, Capo II del decreto legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, numero 427 reca la disciplina dell'imposta sul valore aggiunto  rispetto agli scambi di beni e servizi che avvengono tra operatori residenti in diversi Stati Membri dell'UE. La normativa europea confluita nel decreto legge citato poc'anzi prevede il pagamento dell'imposta sul valore aggiunto nel paese di destinazione attraverso il sistema del reverse-charge ovvero dell'inversione contabile che si sostanzia come segue: i) chi emette la fattura non addebita l'Iva; ii) chi riceve la fattura integra la fattura aggiungendoci di suo pugno l'Iva calcolata con l'aliquota nazionale e la registra in entrambi i registri Iva cosicché l'imposta si annulla. Fino a pochi mesi fa tutti i contribuenti italiani potevano liberamente beneficiare di questo meccanismo di applicazione dell'Iva. Dalla seconda metà del 2010 invece la possibilità di assolvere l'Iva con il reverse-charge è subordinata alla previa inclusione nel VIES VAT Information Exchange System, un sistema di scambi automatici di informazioni tra le autorità fiscali dell'Unione Europea che ha lo scopo di monitorare i soggetti passivi che pongono in essere operazioni intracomunitarie.


Il recente decreto legge 78/2010, convertito dalla legge 122/2010, ha apportato consistenti novità al cosiddetto decreto Iva 633/72 in conseguenza delle quali i contribuenti che vogliano intrattenere rapporti economici con controparti europee devono, come anticipato prima, ottenere la preventiva autorizzazione dell'amministrazione fiscale. In particolare l'articolo 35 del decreto Iva stabilisce che:
  • dal modello di richiesta di attribuzione del numero di partita Iva deve risultare «per i soggetti che intendono effettuare operazioni intracomunitarie di cui al Titolo II, Capo II del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, la volontà di effettuare dette operazioni» (art. 35, comma 2, lett. E-bis);
  • in relazione alla comunicazione della volontà di effettuare operazioni intracomunitarie «entro trenta giorni dalla data di attribuzione della partita IVA, l'Ufficio può emettere provvedimento di diniego dell'autorizzazione a effettuare le operazioni di cui al Titolo II, Capo II del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427».
Dunque i soggetti che iniziano un'attività economica devono esprimere la volontà di entrare a far parte del club VIES (compilando il quadro I della dichiarazione di inizio attività), mentre i soggetti già in attività devono presentare un'istanza specifica presso qualsiasi ufficio dell'Agenzia delle Entrate secondo quanto indicato nel Provvedimento n. 188381 del 2010. Ma cosa succede se la richiesta di inclusione viene rifiutata dall'amministrazione fiscale? Non si può più operare se non all'interno dello stivale? No di certo! La circolare 39/E del primo Agosto 2011 chiarisce bene cosa succede se la partita Iva del contribuente non è presente nell'archivio VIES: «eventuali cessioni o prestazioni intracomunitarie effettuate da un soggetto passivo non ancora incluso nell'Archivio VIES (o escluso a seguito di diniego o revoca) devono ritenersi assoggettate ad imposizione in Italia, con i conseguenti riflessi, anche di natura sanzionatoria ai sensi dell’articolo 6 del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, qualora l’operazione economica sia stata invece assoggettata al regime fiscale IVA proprio della cessione/prestazione intracomunitaria effettuata da un soggetto passivo. Nel rispetto dei principi di affidamento e buona fede del contribuente, il predetto trattamento sanzionatorio è comunque da ritenere non applicabile per eventuali violazioni commesse prima della emanazione della presente circolare».

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