domenica 19 gennaio 2014

Trust: nozione e profili fiscali

Il trust è un istituto giuridico attraverso il quale il disponente (settlor o grantor) costituisce un vincolo di destinazione sui propri beni i cui diritti di proprietà e amministrazione passano perciò al trustee, nell'interesse immediato o futuro di uno o più beneficiari.
L'atto istitutivo del trust (deed of trust) è unilaterale, nel senso che presuppone la volontà del solo disponente; può essere inter vivos o mortis causa; praticamente è un solo documento, ma tecnicamente si compone di un primo atto di trasferimento della piena proprietà dei beni costituiti in trust a favore del trustee e di un secondo atto che disciplina e indirizza la futura gestione del patrimonio.
La costituzione del trust coincide con l'uscita di scena del disponente che non vanta ormai alcun titolo sui beni inclusi in questo contenitore di sicurezza. È possibile prevedere nell'atto costitutivo la possibilità per quest'ultimo di intervenire nella gestione del trust attraverso lettere di indirizzamento (letters of wishes) rivolte al trustee, il quale tuttavia non ha l'obbligo di seguirne il contenuto. Il trust infatti si caratterizza per una sorta di doppia proprietà (dual ownership) che mette in relazione il trustee in qualità di proprietario attuale e amministratore unico del patrimonio in trust e il beneficiario in qualità di fruitore dei redditi prodotti dal trust. Da questo rapporto è escluso il disponente e anzi una eccessiva ingerenza da parte sua nei fatti gestionali ha l'effetto di rendere nullo il trust.
Eppure non sempre le figure che ruotano attorno al trust hanno contorni così definiti. Può accadere, per esempio, che il disponente indica se stesso come beneficiario oppure come trustee (c.d. trust autodichiarato); nei charitable trusts, trust che perseguono scopi di pubblico interesse, sovente i beneficiari non sono indicati nell'atto costitutivo e la loro designazione è rimessa alla discrezione del trustee; sempre più spesso l'atto costitutivo prevede l'ulteriore figura del guardiano (protector), in genere persona di fiducia del disponente che ha il compito di vigilare sull'amministrazione del trustee nonché di sostituirlo in caso di inadempienza.
Il trust in Italia è stato ufficialmente riconosciuto dalla L. 364/1989 di recepimento della Convenzione dell'Aja del 01/07/1985. Ciononostante il nostro ordinamento non contiene riferimenti a tale istituto. Tale lacuna si traduce nella possibilità di costituire il trust nel nostro Paese con la condizione di dover scegliere la legge di un altro Paese per regolarne i meccanismi di funzionamento.

Legge regolatrice

Sebbene in Italia il trust e i suoi effetti siano giuridicamente riconosciuti (grazie soprattutto ad interventi positivi della giurisprudenza), mancano disposizioni civilistiche che ne disciplinino il funzionamento. Il disponente italiano perciò ha la possibilità di costituire un trust interno, recandosi presso un notaio italiano per intenderci, ma dovrà decidere in tale sede quale legge straniera utilizzare per stabilire le regole di funzionamento (norme di comportamento del trustee, diritti dei beneficiari se individuati, criteri di individuazione dei beneficiari se non individuati, ruolo del disponente, contabilità e reportistica e altro ancora). Naturalmente sarà importante scegliere la legge di un Paese che come l'Italia ha sottoscritto la Convenzione dell'Aja del 01/07/1985 per essere certi della sussistenza dei requisiti minimi in assenza dei quali il trust non può essere riconosciuto nell'ordinamento italiano; senza andare troppo lontano, in Europa si può attingere alla normativa di numerosi Paesi tra cui Inghilterra, Cipro, Malta e il vicino San Marino.
In alternativa il disponente italiano può scegliere di costituire il c.d. trust estero o internazionale direttamente nel Paese straniero per tantissime ragioni tra cui la consapevolezza fin da subito di volerne affidare la gestione ad un trustee dello stesso Paese, maggiore riservatezza, minore pressione fiscale, tenuta stagna contro le pretese di terzi creditori eccetera.

Gli scopi del trust

Il più immediato effetto giuridico è detto segregativo dei beni costituiti in trust: il disponente non è più il proprietario del patrimonio con la conseguenza che i suoi creditori particolari, compresi il fisco e gli altri enti pubblici, non possono in alcun modo aggredire i beni conferiti (a meno che non si tratti di utilizzo fraudolento come nel caso di trust costituito in costanza di situazioni debitorie patologiche); la medesima funzione segregativa si esplica nei confronti dei creditori trustee e dei beneficiari.
Ma le finalità principali del trust, e in questi casi esso dimostra la sua massima utilità, sono quelle di garantire protezione e sostegno ai beneficiari (familiari o persone care); impegnare il patrimonio per il raggiungimento di uno scopo commerciale oppure di utilità sociale per il bene della collettività (in questo senso il trust può essere assimilato alla fondazione); preservare il patrimonio familiare nel tempo assicurando agli eredi i frutti del trust fund e limitando la possibilità che i dissidi tra i beneficiari conducano alla rapida dissoluzione dei beni o della azienda di famiglia.

La residenza del trust

Prima di affrontare il tema della fiscalità del trust occorre definire il concetto di residenza come presupposto alla tassazione in Italia. Secondo il comma 3 dell'art. 73 del Tuir, si considerano residenti le società e gli altri enti Ires (il trust n.d.a.) qualora per la maggior parte del periodo di imposta abbiano nel territorio dello Stato italiano alternativamente:
  • la sede legale;
  • la sede dell'amministrazione;
  • l'oggetto principale.
Il criterio della sede legale è intuitivo; la sede dell'amministrazione risiede presso la struttura organizzata che gestisce tutti i rapporti e gli adempimenti del trust che in genere coincide con la sede del trustee; il criterio dell'oggetto principale è anch'esso intuitivo se il patrimonio del trust è direttamente collegabile con il territorio, come nel caso di immobili situati solo in Italia; nel caso invece di immobili situati in Stati diversi si dovrà fare riferimento alla prevalenza dell'oggetto. In ogni caso è importante rilevare che le situazioni di doppia imposizione potranno essere risolte seguendo le indicazioni contenute nelle Convenzioni contro le doppie imposizioni stipulate dall'Italia con gli altri Paesi.
Il tema della residenza del trust prevede anche una presunzione relativa della norma secondo cui si considerano in ogni caso residenti in Italia, salvo prova contraria, i trust istituiti in Stati non appartenenti alla white list stilata dal M.e.f. (Stati che consentono lo scambio di informazioni) qualora:
  • almeno un disponente e almeno un beneficiario sono residenti in Italia;
  • successivamente alla costituzione un soggetto residente in Italia trasferisca al trust la proprietà di beni immobili, di diritti reali immobiliari o vincoli di destinazione sugli stessi immobili.

Fiscalità sui redditi del trust

I commi da 74 a 76 dell'articolo unico della L. 296/2006 c.d. finanziaria 2007 contengono la disciplina fiscale del trust con la premessa dell'assoggettamento all'Ires, l'imposta sul reddito delle società. Scontano l'Ires: i) i trust residenti nel territorio dello Stato a prescindere che svolgano attività commerciale o non commerciale ovvero non profit; ii) i trust non residenti, per i redditi prodotti nel territorio dello Stato.
Secondo il comma 2 dell'art. 73 del Tuir, nei casi in cui i beneficiari del trust siano individuati (trust trasparenti) i redditi conseguiti dal trust sono imputati in ogni caso ai beneficiari per trasparenza e in proporzione alla quota di partecipazione individuata nell'atto di costituzione o in altri documenti successivi ovvero, in mancanza, in parti uguali. Per contro in caso di beneficiari non individuati (trust opachi) i redditi vengono attributi direttamente al trust e tassati di conseguenza; la successiva distribuzione di utili dei trust opachi ai beneficiari non sarà tassata. Nel caso di trust che svolgono attività non commerciale, i redditi assoggettati a imposta sostitutiva o a ritenute a titolo d'imposta non entrano a far parte della base imponibile del trust stesso.
Fatte queste importanti premesse, si può ravvisare una particolare convenienza fiscale del trust laddove il patrimonio sia costituito da partecipazioni finanziarie considerando il seguente schema di imposizione fiscale (dal sito dell'Agenzia delle Entrate):

1.Distribuzione a soggetto Ires (tranne l’ente non commerciale) E’ escluso da tassazione il 95% dei dividendi; pertanto, viene assoggettato all’aliquota Ires del 27,5% soltanto il 5% dell’importo dei dividendi.
2.Distribuzione a soggetto Irpef 
Occorre distinguere tra i seguenti casi: 
  • Utili percepiti in veste di imprenditori individuali o da società di persone. Concorre al reddito il 49,72% degli utili percepiti (40%, se i dividendi sono formati con utili prodotti ante 2008);
  • Utili percepiti per partecipazioni qualificate da persone fisiche non imprenditori. Il sistema di tassazione è uguale a quello previsto per i soggetti imprenditori; 
  • Utili percepiti per partecipazioni non qualificate da persone fisiche non imprenditori. Sull’importo dei dividendi si applica una ritenuta a titolo d’imposta pari al 20%.
3.Distribuzione a ente non commerciale. Il 95% degli utili percepiti non concorre alla formazione del reddito complessivo imponibile, anche se conseguiti nell’esercizio di impresa.
In caso di trust opaco, il dividendo sconta un'imposizione complessiva pari a 1,375% (pari al 27,5% del 5% del dividendo); la successiva distribuzione ai beneficiari individuati dal trustee non ha alcun effetto in capo ai percettori.
In caso di trust trasparente, il dividendo sconta una prima imposizione in capo al trust pari a 1,375% (pari al 27,5% del 5% del dividendo); la successiva distribuzione ai beneficiari individuati dall'atto costitutivo sconta una nuova imposizione secondo gli scaglioni Irpef del percettore.
Dunque il trust si configura come un'ottima alternativa alla holding finanziaria dove nella migliore ipotesi il dividendo rischia di scontare un'aliquota maggiore di oltre 20 punti percentuali. Attenzione però perché per accedere al paradiso bisogna rispettare le regole. La holding finanziaria ha esattamente la funzione di possedere partecipazioni di altre società; il trust ha scopi completamente diversi e il risparmio d'imposta ottenibile non può che essere la conseguenza di scelte prese per ragioni diverse. Il trust costituito ad arte solo per raggiungere un risparmio fiscale può essere contestato dall'amministrazione finanziaria e annullato in sede di giudizio.
Per concludere la trattazione sulla fiscalità diretta del trust, si ricorda che secondo quanto riportato nella Circolare 48/E del 06 Agosto 2007, utile strumento di analisi della fiscalità del trust, “quale soggetto passivo d'imposta, sia esso trasparente o opaco, il trust è tenuto ad adempiere gli specifici obblighi previsti per i soggetti Ires, ad iniziare dall'obbligo di presentare annualmente la dichiarazione dei redditi. Inoltre il trust residente dovrà necessariamente dotarsi di un proprio codice fiscale e, qualora eserciti attività commerciale, di una propria partita Iva. Tutti gli adempimenti tributari del trust sono assolti dal trustee”.

Le altre imposte (libera sintesi della Circolare 48/E del 06/08/2007)

L'imposizione indiretta del trust pone in evidenza tre momenti fondamentali:
  • atto istitutivo del trust il quale sconta imposta di registro in misura fissa ai sensi dell'art. 11 della Tariffa, parte prima, del d.p.r. 131/1986 quale atto privo di contenuto patrimoniale;
  • atto dispositivo con cui il disponente vincola i beni in trust soggetto a imposta sulle successioni e donazioni secondo il d.l. 262/2006 e a ipocatastale in caso di trasferimento di beni immobili;
  • trasferimento dei beni ai beneficiari che non realizza, ai fini dell'imposta sulle donazioni, un presupposto impositivo ulteriore; i beni infatti hanno già scontato l'imposta sulla costituzione del vincolo di destinazione al momento della segregazione in trust. Inoltre, poiché la tassazione, che ha come presupposto il trasferimento di ricchezza ai beneficiari finali, avviene al momento della costituzione del vincolo, l'eventuale incremento del patrimonio del trust non sconterà l'imposta sulle successioni e donazioni al momento della devoluzione.


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