Il
trust è un istituto giuridico attraverso il quale il disponente
(settlor o
grantor) costituisce un vincolo di destinazione sui
propri beni i cui diritti di proprietà e amministrazione passano
perciò al trustee, nell'interesse immediato o futuro
di uno o più beneficiari.
L'atto
istitutivo del trust (deed of trust) è unilaterale, nel senso
che presuppone la volontà del solo disponente; può essere inter
vivos o mortis causa;
praticamente è un solo
documento, ma tecnicamente si compone di un primo atto di
trasferimento della piena proprietà dei beni costituiti in trust a
favore del trustee e
di un secondo atto che disciplina e indirizza la futura gestione del
patrimonio.
La costituzione del trust coincide con l'uscita di scena
del disponente che non vanta ormai alcun titolo sui beni inclusi in
questo contenitore di sicurezza. È possibile prevedere nell'atto
costitutivo la possibilità per quest'ultimo di intervenire nella
gestione del trust attraverso lettere di indirizzamento (letters
of wishes) rivolte al trustee,
il quale tuttavia non ha l'obbligo di seguirne il contenuto. Il trust
infatti si caratterizza per una sorta di doppia proprietà (dual
ownership) che mette in
relazione il trustee
in qualità di proprietario attuale e amministratore unico del
patrimonio in trust e il beneficiario in qualità di fruitore dei
redditi prodotti dal trust. Da questo rapporto è escluso il
disponente e anzi una eccessiva ingerenza da parte sua nei fatti
gestionali ha l'effetto di rendere nullo il trust.
Eppure
non sempre le figure che ruotano attorno al trust hanno contorni così
definiti. Può accadere, per esempio, che il disponente indica se
stesso come beneficiario oppure come trustee
(c.d. trust autodichiarato); nei charitable trusts,
trust che perseguono scopi di pubblico interesse, sovente i
beneficiari non sono indicati nell'atto costitutivo e la loro
designazione è rimessa alla discrezione del trustee;
sempre più spesso l'atto costitutivo prevede l'ulteriore figura del
guardiano (protector),
in genere persona di fiducia del disponente che ha il compito di
vigilare sull'amministrazione del trustee nonché
di sostituirlo in caso di inadempienza.
Il trust in Italia è stato ufficialmente riconosciuto dalla L.
364/1989 di recepimento della Convenzione dell'Aja del 01/07/1985.
Ciononostante il nostro ordinamento non contiene riferimenti a tale
istituto. Tale lacuna si traduce nella possibilità di costituire il
trust nel nostro Paese con la condizione di dover scegliere la legge
di un altro Paese per regolarne i meccanismi di funzionamento.
Legge regolatrice
Sebbene in Italia il trust e i suoi effetti siano giuridicamente
riconosciuti (grazie soprattutto ad interventi positivi della
giurisprudenza), mancano disposizioni civilistiche che ne
disciplinino il funzionamento. Il disponente italiano perciò ha la
possibilità di costituire un trust interno, recandosi presso
un notaio italiano per intenderci, ma dovrà decidere in tale sede
quale legge straniera utilizzare per stabilire le regole di
funzionamento (norme di comportamento del trustee, diritti dei
beneficiari se individuati, criteri di individuazione dei beneficiari
se non individuati, ruolo del disponente, contabilità e reportistica
e altro ancora). Naturalmente sarà importante scegliere la legge di
un Paese che come l'Italia ha sottoscritto la Convenzione dell'Aja
del 01/07/1985 per essere certi della sussistenza dei requisiti
minimi in assenza dei quali il trust non può essere riconosciuto
nell'ordinamento italiano; senza andare troppo lontano, in Europa si
può attingere alla normativa di numerosi Paesi tra cui Inghilterra,
Cipro, Malta e il vicino San Marino.
In alternativa il disponente italiano può scegliere di costituire il
c.d. trust estero o internazionale direttamente nel Paese
straniero per tantissime ragioni tra cui la consapevolezza fin da
subito di volerne affidare la gestione ad un trustee dello
stesso Paese, maggiore riservatezza, minore pressione fiscale, tenuta
stagna contro le pretese di terzi creditori eccetera.
Gli scopi del trust
Il più immediato effetto giuridico è detto segregativo dei beni
costituiti in trust: il disponente non è più il proprietario del
patrimonio con la conseguenza che i suoi creditori particolari,
compresi il fisco e gli altri enti pubblici, non possono in alcun
modo aggredire i beni conferiti (a meno che non si tratti di utilizzo
fraudolento come nel caso di trust costituito in costanza di
situazioni debitorie patologiche); la medesima funzione segregativa
si esplica nei confronti dei creditori trustee e dei
beneficiari.
Ma le finalità principali del trust, e in questi casi esso dimostra
la sua massima utilità, sono quelle di garantire protezione e
sostegno ai beneficiari (familiari o persone care); impegnare il
patrimonio per il raggiungimento di uno scopo commerciale oppure di
utilità sociale per il bene della collettività (in questo senso il
trust può essere assimilato alla fondazione); preservare il
patrimonio familiare nel tempo assicurando agli eredi i frutti del
trust fund e limitando la possibilità che i dissidi tra i
beneficiari conducano alla rapida dissoluzione dei beni o della
azienda di famiglia.
La residenza del trust
Prima di affrontare il tema della fiscalità del trust occorre
definire il concetto di residenza come presupposto alla tassazione in
Italia. Secondo il comma 3 dell'art. 73 del Tuir, si considerano
residenti le società e gli altri enti Ires (il trust n.d.a.)
qualora per la maggior parte del periodo di imposta abbiano nel
territorio dello Stato italiano alternativamente:
- la sede legale;
- la sede dell'amministrazione;
- l'oggetto principale.
Il criterio della sede legale è intuitivo; la sede
dell'amministrazione risiede presso la struttura organizzata che
gestisce tutti i rapporti e gli adempimenti del trust che in genere
coincide con la sede del trustee; il criterio dell'oggetto principale è
anch'esso intuitivo se il patrimonio del trust è direttamente
collegabile con il territorio, come nel caso di immobili situati solo
in Italia; nel caso invece di immobili situati in Stati diversi si
dovrà fare riferimento alla prevalenza dell'oggetto. In ogni caso è
importante rilevare che le situazioni di doppia imposizione potranno
essere risolte seguendo le indicazioni contenute nelle Convenzioni
contro le doppie imposizioni stipulate dall'Italia con gli altri
Paesi.
Il tema della residenza del trust prevede anche una presunzione
relativa della norma secondo cui si considerano in ogni caso
residenti in Italia, salvo prova contraria, i trust istituiti in
Stati non appartenenti alla white list stilata dal M.e.f.
(Stati che consentono lo scambio di informazioni) qualora:
- almeno un disponente e almeno un beneficiario sono residenti in Italia;
- successivamente alla costituzione un soggetto residente in Italia trasferisca al trust la proprietà di beni immobili, di diritti reali immobiliari o vincoli di destinazione sugli stessi immobili.
Fiscalità sui redditi del trust
I commi da 74 a 76 dell'articolo unico della L. 296/2006 c.d.
finanziaria 2007 contengono la disciplina fiscale del trust
con la premessa dell'assoggettamento all'Ires, l'imposta sul reddito
delle società. Scontano l'Ires: i) i trust residenti nel territorio
dello Stato a prescindere che svolgano attività commerciale o non
commerciale ovvero non profit; ii) i trust non residenti, per
i redditi prodotti nel territorio dello Stato.
Secondo il comma 2 dell'art. 73 del Tuir, nei casi in cui i
beneficiari del trust siano individuati (trust trasparenti) i
redditi conseguiti dal trust sono imputati in ogni caso ai
beneficiari per trasparenza e in proporzione alla quota di
partecipazione individuata nell'atto di costituzione o in altri
documenti successivi ovvero, in mancanza, in parti uguali. Per contro
in caso di beneficiari non individuati (trust opachi) i
redditi vengono attributi direttamente al trust e tassati di
conseguenza; la successiva distribuzione di utili dei trust opachi ai
beneficiari non sarà tassata. Nel caso di trust che svolgono
attività non commerciale, i redditi assoggettati a imposta
sostitutiva o a ritenute a titolo d'imposta non entrano a far parte
della base imponibile del trust stesso.
Fatte
queste importanti premesse, si può ravvisare una particolare
convenienza fiscale del trust laddove il patrimonio sia costituito da
partecipazioni finanziarie considerando il seguente schema di
imposizione fiscale (dal sito dell'Agenzia delle Entrate):
1.Distribuzione a
soggetto Ires (tranne l’ente non commerciale)
E’ escluso da tassazione il 95% dei dividendi; pertanto, viene
assoggettato all’aliquota Ires del 27,5% soltanto il 5%
dell’importo dei dividendi.
2.Distribuzione a
soggetto Irpef
Occorre distinguere tra i seguenti
casi:
- Utili percepiti in veste di imprenditori individuali o da società di persone. Concorre al reddito il 49,72% degli utili percepiti (40%, se i dividendi sono formati con utili prodotti ante 2008);
- Utili percepiti per partecipazioni qualificate da persone fisiche non imprenditori. Il sistema di tassazione è uguale a quello previsto per i soggetti imprenditori;
- Utili percepiti per partecipazioni non qualificate da persone fisiche non imprenditori. Sull’importo dei dividendi si applica una ritenuta a titolo d’imposta pari al 20%.
3.Distribuzione a ente non
commerciale. Il 95% degli utili percepiti non concorre alla
formazione del reddito complessivo imponibile, anche se conseguiti
nell’esercizio di impresa.
In caso di trust opaco, il dividendo sconta un'imposizione
complessiva pari a 1,375% (pari al 27,5% del 5% del dividendo); la
successiva distribuzione ai beneficiari individuati dal trustee non
ha alcun effetto in capo ai percettori.
In caso di trust trasparente, il dividendo sconta una prima
imposizione in capo al trust pari a 1,375% (pari al 27,5% del 5% del
dividendo); la successiva distribuzione ai beneficiari individuati
dall'atto costitutivo sconta una nuova imposizione secondo gli
scaglioni Irpef del percettore.
Dunque il trust si configura come un'ottima alternativa alla holding
finanziaria dove nella migliore ipotesi il dividendo rischia di
scontare un'aliquota maggiore di oltre 20 punti percentuali.
Attenzione però perché per accedere al paradiso bisogna rispettare
le regole. La holding finanziaria ha esattamente la funzione di
possedere partecipazioni di altre società; il trust ha scopi
completamente diversi e il risparmio d'imposta ottenibile non può
che essere la conseguenza di scelte prese per ragioni diverse. Il
trust costituito ad arte solo per raggiungere un risparmio fiscale
può essere contestato dall'amministrazione finanziaria e annullato
in sede di giudizio.
Per concludere la trattazione sulla fiscalità diretta del trust, si
ricorda che secondo quanto riportato nella Circolare 48/E del 06
Agosto 2007, utile strumento di analisi della fiscalità del trust,
“quale soggetto passivo d'imposta, sia esso trasparente o opaco, il
trust è tenuto ad adempiere gli specifici obblighi previsti per i
soggetti Ires, ad iniziare dall'obbligo di presentare annualmente la
dichiarazione dei redditi. Inoltre il trust residente dovrà
necessariamente dotarsi di un proprio codice fiscale e, qualora
eserciti attività commerciale, di una propria partita Iva. Tutti gli
adempimenti tributari del trust sono assolti dal trustee”.
Le altre imposte (libera sintesi della Circolare 48/E del 06/08/2007)
L'imposizione indiretta del trust pone in evidenza tre momenti
fondamentali:
- atto istitutivo del trust il quale sconta imposta di registro in misura fissa ai sensi dell'art. 11 della Tariffa, parte prima, del d.p.r. 131/1986 quale atto privo di contenuto patrimoniale;
- atto dispositivo con cui il disponente vincola i beni in trust soggetto a imposta sulle successioni e donazioni secondo il d.l. 262/2006 e a ipocatastale in caso di trasferimento di beni immobili;
- trasferimento dei beni ai beneficiari che non realizza, ai fini dell'imposta sulle donazioni, un presupposto impositivo ulteriore; i beni infatti hanno già scontato l'imposta sulla costituzione del vincolo di destinazione al momento della segregazione in trust. Inoltre, poiché la tassazione, che ha come presupposto il trasferimento di ricchezza ai beneficiari finali, avviene al momento della costituzione del vincolo, l'eventuale incremento del patrimonio del trust non sconterà l'imposta sulle successioni e donazioni al momento della devoluzione.
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