Per saperne di più sull'imposta di registro e sul calcolo dell'avviamento rispetto alla cessione d'azienda leggi anche Cessione d'azienda, avviamento e imposta di registro.
L’articolo 86 del d.p.r. 917 del 1986, il Tuir, illustra la disciplina ordinaria della cessione d’azienda e più in generale della cessione dei beni patrimoniali dell’azienda. Le plusvalenze dei beni relativi all'impresa, diversi da quelli indicati nel comma 1 dell'articolo 85, concorrono a formare il reddito:
L’articolo 86 del d.p.r. 917 del 1986, il Tuir, illustra la disciplina ordinaria della cessione d’azienda e più in generale della cessione dei beni patrimoniali dell’azienda. Le plusvalenze dei beni relativi all'impresa, diversi da quelli indicati nel comma 1 dell'articolo 85, concorrono a formare il reddito:
a) se
sono realizzate mediante cessione a titolo oneroso;
b) se sono realizzate
mediante il risarcimento, anche in forma assicurativa, per la perdita o il
danneggiamento dei beni;
c) se i beni vengono assegnati ai soci o destinati a
finalità estranee all'esercizio dell'impresa.
Nelle ipotesi di cui alle lettere
a) e b) del comma 1 la plusvalenza è costituita dalla differenza fra il
corrispettivo o l'indennizzo conseguito, al netto degli oneri accessori di
diretta imputazione, e il costo non ammortizzato. Concorrono alla formazione
del reddito anche le plusvalenze delle aziende, compreso il valore di
avviamento, realizzate unitariamente mediante cessione a titolo oneroso. Se il
corrispettivo della cessione è costituito esclusivamente da beni
ammortizzabili, anche se costituenti un complesso o ramo aziendale, e questi
vengono complessivamente iscritti in bilancio allo stesso valore al quale vi
erano iscritti i beni ceduti, si considera
plusvalenza soltanto il conguaglio in denaro eventualmente pattuito.
Nell'ipotesi di cui alla lettera c) del comma 1, la plusvalenza è costituita
dalla differenza tra il valore normale e il costo non ammortizzato dei beni. Le
plusvalenze realizzate, diverse da quelle di cui al successivo articolo 87,
determinate a norma del comma 2, concorrono a formare il reddito, per l'intero
ammontare nell'esercizio in cui sono state realizzate ovvero, se i beni sono
stati posseduti per un periodo non inferiore a tre anni, o a un anno per le
società sportive professionistiche, a scelta del contribuente, in quote
costanti nell'esercizio stesso e nei successivi, ma non oltre il quarto. La
predetta scelta deve risultare dalla dichiarazione dei redditi; se questa non è
presentata la plusvalenza concorre a formare il reddito per l'intero ammontare
nell'esercizio in cui è stata realizzata. Per i beni che costituiscono
immobilizzazioni finanziarie, diverse da quelle di cui al successivo articolo
87, le disposizioni dei periodi precedenti si applicano per quelli iscritti
come tali negli ultimi tre bilanci; si considerano ceduti per primi i beni
acquisiti in data più recente.
La fattispecie della cessione d’azienda si differenzia dalle
altre operazioni straordinarie perché per queste il legislatore riconosce la neutralità fiscale giacché non si
realizza la definitiva fuoriuscita dei beni dalla sfera giuridica del cedente;
e si differenzia anche dalle cessioni dei singoli beni patrimoniali aziendali
perché queste configurano operazioni che rientrano nell’ordinarietà della vita
aziendale e infatti soggette a Irap. La
cessione d’azienda insomma determina un presupposto impositivo in capo
all’imprenditore cedente poiché la vendita a titolo oneroso genera ricchezza
novella coincidente con la cosiddetta plusvalenza.
Questa viene calcolata in linea di principio secondo quanto stabilito dal comma
2 dell’art. 86 del Tuir citato sopra e nel caso di specie non va riferita ai
singoli beni ceduti ma all’intero complesso aziendale inteso come universitas di beni. Tuttavia un importante
distinguo è logicamente dovuto nel caso in cui l’azienda ceduta comprenda beni
patrimoniali ad uso promiscuo, cioè quei beni che utilizzati dall’imprenditore
anche per scopi personali non concorrono alla formazione del reddito per il
loro intero valore ma secondo le limitazioni stabilite dal legislatore. È il
caso ad esempio delle autovetture deducibili al 40% che in base a quest’ultima
elucubrazione dovrebbero generare plusvalenze/minusvalenze rilevanti
fiscalmente solo in parte secondo il rapporto tra ammortamento fiscale dedotto
e ammortamento civile così come avviene quando si vende il singolo bene
patrimoniale. Nella pratica però simili calcoli presentano un elevato profilo
di difficoltà soprattutto perché rischiano di ledere il carattere di unitarietà
riconosciuto alla cessione d’azienda.
PROFILI
FISCALI GENERALI
La norma ordinaria dispone che la plusvalenza derivante
da cessione d’azienda a titolo oneroso concorre a formare il reddito
complessivo d’impresa nell’esercizio in cui viene realizzata. Il comma 2 dell’articolo
109 del Tuir stabilisce che: i corrispettivi delle cessioni si
considerano conseguiti, e le spese
di acquisizione dei beni si considerano sostenute, alla data della consegna o spedizione per i beni mobili e della stipulazione dell'atto per gli
immobili e per le aziende, ovvero, se diversa e successiva, alla data in cui si
verifica l'effetto traslativo o costitutivo della proprietà o di altro diritto
reale. Non si tiene conto delle clausole di riserva della proprietà. La
locazione con clausola di trasferimento della proprietà vincolante per ambedue
le parti è assimilata alla vendita con riserva di proprietà.
Tuttavia il
comma 4 dell’articolo 86 consente al contribuente di rateizzare la plusvalenza
in quote costanti nell’esercizio di realizzo e nei successivi non oltre il
quarto nel caso di cessione d’azienda posseduta da almeno tre anni. Dunque il legislatore fiscale riconosce la facoltà di
spalmare in cinque anni il ricavo derivante dall’operazione straordinaria in
parola al fine di mitigare l’asprezza dell’imposizione progressiva vigente in
Italia: l’intero ammontare di ricavo derivante da cessione d’azienda o di
ramo d’azienda sottoposto a imposizione in un sol colpo sicuramente sconterebbe
un’aliquota marginale d’imposta molto alta, se non la più alta (43%). L’opzione
dell’imprenditore in favore della rateizzazione deve risultare dalla
dichiarazione dei redditi e se questa non è presentata la plusvalenza concorre
per intero a formare il reddito complessivo nel periodo d’imposta di realizzo.
TASSAZIONE
SEPARATA PER L’IMPRENDITORE INDIVIDUALE
In deroga a quanto previsto dall’articolo 86 che ha fin
ora tracciato questo articolo, l’articolo 58 del Tuir prevede una disciplina
ulteriormente agevolata per gli imprenditori individuali. Questi ultimi non
solo hanno la possibilità di spalmare la plusvalenza in cinque anni secondo
quanto scritto sopra, ma possono optare
per la tassazione separata secondo quanto stabilito dall’articolo 17 del Tuir.
La tassazione separata permette al contribuente di sfuggire all’imposizione
progressiva per cercare sollievo in quella proporzionale. Ma attenzione
perché non sempre la scelta in tal senso risulta favorevole. Occorre poi
considerare che la tassazione separata
può essere optata solo da parte degli imprenditori individuali e solo in caso
di cessione d’azienda posseduta da almeno cinque anni.
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