Il
fondo patrimoniale rappresenta un artificio giuridico che la
normativa civilistica italiana mette a disposizione delle esigenze
economiche e patrimoniali della famiglia; ne rintracciamo la
disciplina nel libro primo del codice civile intitolato “Delle
persone e della famiglia”.
Scrivo che si tratta di un artificio perché tale istituto
costituisce una sorta di corazza, non certo inespugnabile, a
protezione dei beni che i coniugi scelgono di destinare
esclusivamente al soddisfacimento dei bisogni del nucleo familiare,
nonché per evidenziare fin da subito una connotazione a tratti
negativa legata alle pratiche scorrette che negli ultimi anni sono
state esperite da debitori senza scrupoli. Sempre più spesso, e soprattutto in periodi di crisi come quello che stiamo attraversando, il problema della responsabilità personale illimitata,
sentito maggiormente da imprenditori individuali, professionisti, soci
di società di persone, viene aggirato con la costituzione di entità
giuridiche, forse solo ectoplasmi, come appunto il fondo patrimoniale
e il trust
che rischiano di compromettere i classici diritti patrimoniali dei
creditori. Tuttavia non si può tacere la giustezza della ratio
legis
nella misura in cui si preoccupa di garantire l’integrità del
nucleo familiare in considerazione del fatto che essa non può
assolutamente prescindere se non dall’agiatezza perlomeno dalla
tranquillità economica dei componenti il nucleo stesso.
Secondo
l’art. 167 c.c. il fondo patrimoniale può essere costituito da un
coniuge ovvero da «[…]
ambedue i coniugi, per atto pubblico»
o
anche da «[…]
un terzo, anche per testamento […] destinando determinati beni,
immobili o mobili iscritti in pubblici registri, o titoli di credito,
a far fronte ai bisogni della famiglia».
Ne conseguono due importanti limitazioni: il fondo patrimoniale è
contemplato solo ed esclusivamente in caso di matrimonio e al suo
interno possono confluire solo i beni espressamente elencati dalla
legge. I successivi artt. 168 e 169 c.c., con riferimento
rispettivamente alle rendite derivanti dal complesso patrimoniale
vincolato e alla vendita dello stesso, stabiliscono che «[…]
i frutti dei beni costituenti il fondo patrimoniale sono impiegati
per i bisogni della famiglia»
mentre, se
l’atto costitutivo non lo prevede,
«[…]
non si possono alienare, ipotecare, dare in pegno o comunque
vincolare beni del fondo patrimoniale se non con il consenso di
entrambi i coniugi e, se
vi sono figli minori, con l’autorizzazione concessa dal giudice,
con provvedimento emesso in camera di consiglio, nei
soli casi di necessità od utilità evidente».
Purtroppo
però, negli ultimi anni, le finalità solidaristiche del fondo
patrimoniale così come inteso dal codice civile sono state tradite
dall’utilizzo strumentale dell’istituto in funzione del divieto
di esecuzione forzata sui beni vincolati di cui all’art. 170 c.c.
il quale stabilisce che l’aggressione dei creditori «[…]
sui beni del fondo e sui frutti di essi non può aver luogo per
debiti che il creditore conosceva
essere stati contratti per scopi estranei ai bisogni della famiglia».
Ed è orientamento ormai consolidato che di questi debiti
“extrafamiliari” fanno sicuramente parte quelli contratti
nell’esercizio dell’attività di impresa e di lavoro autonomo e
anche, in certa misura, quelli derivanti da obblighi di risarcimento
dei danni, da sanzioni amministrative e penali. Naturalmente la
normativa richiamata ha suscitato e continua a suscitare enormi
dibattiti circa il tema della tutela dell’affidamento del
creditore, ancor più se si considera che nella maggior parte dei
casi il fondo patrimoniale viene costituito dopo l’insorgere del
credito con evidente, o potenzialmente evidente, volontà
fraudolenta. Recente giurisprudenza ha inoltre avallato la tesi
secondo cui anche l’amministrazione finanziaria dovrebbe fermarsi
sulla soglia del fondo patrimoniale giacché la debenza d’imposta
del contribuente si ricollegherebbe in ogni caso alla sua attività
lavorativa e quindi ad una situazione estranea alle vicissitudini
familiari (naturalmente
le pronunce giurisprudenziali che hanno dato ragione ai debitori e ai
contribuenti più audaci sono comunque suscettibili di capovolgimento
da parte degli stessi giudici).
Per contro occorre ricordare in primo luogo che per
i debiti contratti in epoca precedente la costituzione del fondo
patrimoniale i creditori (quindi anche il Fisco!) hanno la
possibilità di impugnare il vincolo esercitando l'azione revocatoria
fallimentare ovvero l'azione revocatoria ordinaria,
quest'ultima entro cinque anni ricorrendone i presupposti; in secondo
luogo è necessario sapere che un
utilizzo patologico dello strumento del fondo patrimoniale potrebbe
considerarsi penalmente rilevante.
In particolare il contribuente debitore nei confronti del Fisco
rischia di vedersi accusato del reato di cui all'articolo 11 del
d.lgs. 74/2000 intitolato “Sottrazione
fraudolenta al pagamento di imposte”
che afferma quanto segue: «Salvo
che il fatto costituisca più grave reato, è
punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque,
al fine di sottrarsi al pagamento di imposte sui redditi o sul valore
aggiunto ovvero di interessi o sanzioni amministrative relativi a
dette imposte di ammontare complessivo superiore a 51.645,69 euro,
aliena
simulatamente o compie altri atti fraudolenti sui propri o su altrui
beni idonei a rendere in tutto o in parte inefficace la procedura di
riscossione coattiva».
Per
concludere, nella generalità dei casi il fondo patrimoniale è
utilizzato per includervi beni immobili (fabbricati di ogni
categoria, terreni e altri possedimenti), beni mobili soggetti a
registrazione (autoveicoli, imbarcazioni, aeromobili) e titoli di
credito obbligatoriamente nominativi, ma si ritiene che possa
accogliere anche diritti reali di godimento (usufrutto, enfiteusi
eccetera). In fase di costituzione del fondo patrimoniale è
importante tenere a mente che la rigidità del trattamento fiscale
sui beni conferiti è mutevole a seconda che si configuri o meno il
trasferimento di proprietà di detti beni. Ai fini delle imposte
dirette, invece, l'articolo 4, comma 1, lettera b) del d.p.r.
917/1986 dispone che «i
redditi dei beni che formano oggetto del fondo patrimoniale […]
sono imputati per metà del loro ammontare netto a ciascuno dei
coniugi».
Dunque il Fisco non si cura dell'effettivo titolo di proprietà dei
beni che sono confluiti nel fondo patrimoniale, giacché presume che
i frutti dei beni vincolati spettino in misura uguale ai coniugi in
virtù proprio di quello stringente vincolo di destinazione, teso al
soddisfacimento dei bisogni della famiglia, che comincia e finisce
con il fondo patrimoniale.
Giurisprudenza
favorevole al contribuente
Cassazione
7 Luglio 2009, n. 158622
Massima:
è necessario accertare se il debito possa dirsi contratto o meno per
soddisfare i bisogni della famiglia, considerato che se è vero,
secondo la giurisprudenza precedente (cfr. Cass. n. 12998/2006), che
tale finalità non può dirsi sussistente per il solo fatto che il
debito sia sorto nell'esercizio dell'impresa, è evidente tuttavia
che la richiamata circostanza non è, a contrario, nemmeno idonea ad
escludere in via di principio che il debito possa dirsi contratto per
soddisfare detti bisogni. La valutazione di merito deve inoltre
tenere conto che il divieto di esecuzione forzata di cui all'art. 170
c.c. estende la sua efficacia anche ai crediti sorti prima della
costituzione del fondo ferma restando in questo caso la possibilità
per il creditore di agire in revocatoria ordinaria, qualora ne
ricorrano i presupposti.
Giurisprudenza
contraria al contribuente
Cassazione
7 Ottobre 2009, n. 38925
Massima:
ai fini dell'integrazione del reato di sottrazione fraudolenta al
pagamento delle imposte ci cui al d.lgs. 74/2000 non è necessario
che sussista una procedura di riscossione in atto, essendo
sufficiente l'idoneità dell'atto simulato o ritenuto fraudolento a
rendere in tutto o in parte inefficace una procedura di riscossione
coattiva da parte dello Stato. Il reato può essere commesso sia con
alienazioni simulate che con altri atti fraudolenti. La costituzione
di un fondo patrimoniale avente ad oggetto tutti i beni mobili e
immobili della società debitrice è atto idoneo a limitare le
ragioni del Fisco, come risulta da giurisprudenza precedente (Cfr.
Cass. n. 5824/2008) tanto più che non sono state indicate le ragioni
della costituzione del fondo patrimoniale.
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